San Crescentino
(a cura di Mario Ogliaro)
Le spoglie mortali di questo santo, venerato a Crescentino come copatrono della città, furono scoperte nel 1660, in seguito a scavi effettuati presso le catacombe di Santa Ciriaca, sulla Via Tiburtina, a Roma. L’iscrizione incisa sul sarcofago di pietra portato alla luce, trascritta da Carlo Emanuele Degregori probabilmente dall’originale, era formulata nel monogramma CRESCÑVS, frammezzato da una P tagliata trasversalmente (Crescentinus pro Christo), che Luigi Bruzza ritenne doversi leggere Crescentius. Secondo le notizie riferite dal vescovo Ambrogio Landuccio, prefetto del sacrario dei martiri cristiani, gli intagli di cui era adorna la tomba facevano supporre la non comune condizione del defunto. Subito si scrisse che esso faceva parte della famosa Legione Tebea, decimata, secondo il racconto del vescovo Eucherio di Lione, in Svizzera, presso Agaunum, oggi Saint Maurice, nel cantone Vallese. La notizia è ovviamente priva di qualsiasi fondamento storico, mancando il collegamento fra il ritrovamento delle sacre spoglie di Crescentino e i soldati egiziani trucidati dall’imperatore Massimiano, i cui avvenimenti peraltro, sono messi in forte dubbio dal Krusch, nei Rerum Merovingiarum e dalla maggior parte degli storici della chiesa.
Dal “titulus” tombale descritto, risulta però chiaramente che Crescentino fu martire per la sua fede in Cristo, caduto con ogni probabilità in un periodo anteriore al rescritto di Licinio e Costantino del 312, durante una delle varie persecuzioni contro i cristiani. Benché dal “nudum nomen” non sia possibile formulare alcuna ipotesi certa sulle vicende che lo portarono al martirio, il culto locale risulta assai più antico dell’epoca in cui furono scoperte le ossa, in quanto già consolidato da una lunga tradizione religiosa presso la confraternita di San Giuseppe, innestatasi sulle scarne notizie agiografiche dell’altro Crescentino copatrono della città di Urbino, il cui contenuto, utilizzato per traslazione, faceva parte, secondo il cardinal Baronio, dell’antico deposito della fede tramandato lungo i secoli.
Papa Alessandro VI, appena fu informato del ritrovamento, donò le reliquie al cardinale Cesare Facchinetto, vescovo di Spoleto. In quel frattempo, si trovava a Roma il sacerdote crescentinese Gerolamo Bosco che compì ogni sforzo per farsi donare le reliquie e, con l’aiuto del conte Gerolamo Solaro di Moretta, ambasciatore presso la Santa Sede per conto del duca Carlo Emanuele II di Savoia, riuscì nel suo intento. Dopo varie vicende le reliquie del martire giunsero a Crescentino il 9 luglio 1662 e furono riposte in un’urna di legno dorato, sostituita poi nel 1678 da una teca d’argento, finemente lavorata, acquistata col lascito di Angela Margherita, vedova Sala e col contributo del comune, il quale nel 1718 vi aggiunse una statuetta d’argento, raffigurante il Santo vestito da soldato romano, sorreggente uno scudo con la mano sinistra e una lancia in quella destra.
Le reliquie di San Crescentino copatrono d’Urbino, furono donate, secondo gli agiografi, a Mainardo, vescovo d’Urbino, nell’XI secolo. Questo fatto è ricordato non solo dalla tradizione ma anche dall’iconografia urbinate, fra cui una tela di Cristoforo Unterberger (1794) inserita nell’abside della basilica, raffigurante la Madonna Assunta in cielo, San Crescentino e il vescovo Mainardo, mentre sotto l’altar maggiore sono custodite le spoglie del Santo che provenivano da Città di Castello. Inoltre, nel museo diocesano d’Urbino vi è un dipinto di Girolamo Cialdini (1594-1680), raffigurante San Crescentino che, con ogni probabilità, è fra i più antichi che si conosca. Il nostro Santo, raffigurato come soldato romano nell’antiporta del registro dei catasti del 1672, pressoché coeva alla traslazione delle reliquie, come nei tempi antichi, si festeggia la prima domenica di giugno, secondo l’indicazione del Martirologio Romano.